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Vulvodinia: cos’è e come affrontare questa dolorosa malattia

vulvodinia

Care amiche e amici di SegretoDonna, oggi volevamo parlarvi della sindrome vulvo-vestibolare (SVV) non è altro che la dicitura più corretta per indicare la vulvodinia: è una sindrome dolorosa cronica che colpisce molte donne ma ancora poco conosciuta e spesso confusa con altre patologie.

La vulvodinia comporta l’infiammazione delle terminazioni nervose dell’area vulvo-vaginale, che in alcuni casi si estende alla zona anale e perianale: un dolore fisico segreto, poco considerato, spesso banalizzato e oggetto di pregiudizi e talvolta confuso con il vaginismo, che è invece un disturbo sessuale causato da uno spasmo involontario della muscolatura vaginale, che ostacola la penetrazione.

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Cos’e la vulvodinia?

La parola vulvodinia è composta dai termini vulva, ovvero la parte esterna dell’apparato genitale femminile, e –odinia, che significa dolore fisico. Si tratta quindi di un dolore molto intenso nella zona vulvare che può essere connesso anche ad azioni quotidiane, come andare in bicicletta o indossare pantaloni attillati.

Parliamo di sindrome poiché i sintomi della SVV sono molteplici ma non sono e non devono essere tutti presenti contemporaneamente ai fini della diagnosi: per questa ragione le donne affette da vulvodinia presentano spesso una sintomatologia diversa pur soffrendo della stessa patologia. Come è del tutto normale che la terapia sia comunque molto simile, pur presentando sintomi diversi.

Tutt’altro che rara, si calcola che circa il dieci per cento della popolazione femminile, in particolare tra i 20 e i 40 anni, soffra di questa malattia.

A differenza dell’endometriosi, una malattia debilitante che condivide con la vulvodinia la stessa area, la vulvodinia non è riconosciuta dal Sistema Sanitario Nazionale nei piani di assistenza sanitaria. Questo comporta che chi soffre di vulvodinia deve far fronte senza alcun aiuto a tutte le spese connesse alla problematica.

Fortunatamente l’attenzione verso la vulvodinia sta lentamente crescendo: grazie ad alcune campagne di sensibilizzazione, come quella portata avanti dal portale vulvodinia.online, si sta, infatti, cercando di fare approvare l’inserimento della patologia nei Livelli essenziali di assistenza (Lea). La battaglia per il riconoscimento della vulvodinia continua, dunque, con la speranza di ottenere presto un provvedimento ad hoc da parte delle istituzioni.

Quali sono le cause?

Secondo l’istituto Superiore di Sanità (Iss), le cause della vulvodinia ad oggi sono ancora oggetto di studio.

Si ritiene che la vulvodinia possa avere origine da differenti fattori, in certi casi associati tra loro, tra cui:

  • infezioni da candida albicans (un fungo)
  • traumi fisici, come ad esempio biopsie vulvo-vaginali o episiotomia durante il parto, rapporti sessuali dolorosi ma anche attività fisiche o sportive che possono creare microtraumi a livello vulvo-vaginale (come l’equitazione o lo spinning)
  • utilizzo di biancheria intima sintetica o di indumenti troppo stretti
  • uso di detergenti intimi o di prodotti a uso locale contenenti sostanze chimiche

Quali sono i sintomi?

La vulvodinia, che colpisce donne di qualsiasi età (dall’adolescenza alla menopausa) e che in alcuni casi può diventare cronica, si presenta con una sintomatologia comune, ma con un decorso piuttosto variabile. Tra i segnali più diffusi si possono citare:

  • bruciore
  • irritazione
  • secchezza
  • sensazione di abrasione e tagli sulla mucosa
  • tensione
  • dolore costante
  • gonfiore
  • difficoltà a rimanere seduta
  • cistiti ricorrenti

Cos’è la vestibolodinia? E le altre forme di vulvodinia

La vulvodinia si presenta in varie forme: la vestibolodinia è la forma più frequente. Come il nome suggerisce, l’area soggetta a dolore è quella del vestibolo della vulva (l’ingresso della vagina). Il dolore o bruciore può essere spontaneo o provocato dalla frizione sul vestibolo stesso. Uno dei sintomi maggiormente riportati dalle donne che soffrono di vestibolonidia è il dolore durante i rapporti sessuali penetrativi.

L’area dolorante è comunque superficiale e la donna può avvertire fastidi anche in altre attività quotidiane come l’indossare indumenti stretti sul cavallo (pantaloni attillati o jeans), l’uso di tamponi o la pratica sportiva: spinning, ciclismo, equitazione o altre attività sportive che sollecitano direttamente la zona vulvare possono provocare una sensazione di varia dolorabilità che va dal leggero fastidio alla percezione di tagli o spilli.

Altre forme di vulvodinia localizzate sono la clitoridinia (dolore localizzato al clitoride) oppure l’uretrodinia (dolore localizzato nell’area dell’uretra).

Secondo uno studio americano condotto nel 2001, circa il 16% delle donne sperimenta nel corso della propria vita sintomi riconducibili alla vulvodinia.

Come curare la vulvodinia

Secondo l’ISS, la malattia non si risolve da sola ma ha bisogno di una terapia farmacologica abbinata, nei casi previsti, anche a sessioni di fisioterapia e psicoterapia. Vengono consigliati dei farmaci ad hoc, come miorilassanti per il pavimento pelvico, antidepressivi o antiepilettici e anticonvulsivanti a bassi dosaggi, in modo da agire sul dolore.

L’ISS fornisce, inoltre, gli ulteriori consigli:

  • indossare biancheria intima di cotone e non indossarla di notte
  • utilizzare detergenti delicati ed emollienti per l’igiene intima evitando prodotti profumati
  • usare solo assorbenti igienici esterni, preferibilmente di cotone
  • nei rapporti sessuali, usare lubrificanti suggeriti dal medico
  • evitare le attività fisiche che causano lo sfregamento della vulva e applicare della vasellina come protezione dal cloro prima di entrare in piscina
  • cercare di diminuire lo stress, che può causare o peggiorare la vulvodinia
  • usare un cuscino a ciambella quando si è seduti e si prova dolore

Per quanto riguarda l’alimentazione, la malattia non sembrerebbe associata alla cattiva alimentazione. Tuttavia, si consiglia comunque di bere molta acqua, consumando probiotici, cibi con pochi zuccheri e senza lieviti.

Purtroppo la vulvodinia è una patologia subdola che si presenta con molte facce, anche per questo a volte diventa difficile diagnosticarla ma è anche vero, per fortuna, che ha punti di fragilità noti e condivisi qualunque sia la sintomatologia con cui si presenta. La terapia prende di mira questi punti fragili comuni, oltre agli altri aspetti legati alla singola persona. Questo è il motivo per cui il protocollo di cura sembra simile pur riferendosi a soggetti con sintomi diversi.

SegretoDonna, da sempre impegnata al mondo femminile, punta i riflettori su questa patologia per sensibilizzare l’opinione pubblica su un male ancora poco conosciuto. Torneremo presto sull’argomento, fateci sapere la vostra opinione e magari la vostra esperienza sull’argomento.

Scritto da Ragusa

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