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Contagio tramite cibo di Epatite A: colpite 15 persone

Epatite A contagio Italia

Il virus si trasmette con cibo contaminato ma si risolve in qualche settimana di cure. Epatite A contagio Italia 

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Quindici persone contagiate dal virus dell’epatite A, a Padova.  Lo riferisce oggi “Il mattino di Padova”. Sembra che tutti e quindici gli infettati abbiano mangiato nello stesso bar.

La segnalazione sarebbe arrivata alla Usl e gli ispettori risulta abbiano già fatto due visite di controllo nel possibile luogo del contagio. Controlli dovuti perché l’epatite A (HAV) si trasmette consumando alimenti che sono venuti a contatto con le feci di un soggetto infetto.

Probabilmente, ma solo probabilmente, la causa dell’infezione è stata una partita di tramezzini con un ingrediente contaminato o un tagliere in cui si è annidato il virus.

Il titolare del bar, a sua difesa, avrebbe però spiegato che se avessero gli ispettori trovato qualcosa di sospetto nel suo locale, gli avrebbero fatto chiudere il locale.

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Il contagio

La trasmissione del virus avviene per via oro-fecale, cioè assumendo bevande o cibi contaminati dalle feci di un individuo affetto da epatite A.

Non esiste, tuttavia, il portatore cronico: i soggetti sono infettivi solo in modo transitorio (giorni o poche settimane).

Ecco i cibi e le circostanze che aumentano in generale il rischio di contrarre l’infezione:

1) verdure crude e altri alimenti inquinati (per esempio frutti di bosco o pomodori secchi);
2) cozze, molluschi e frutti di mare in genere, crudi o poco cotti;
3) bagno vicino a fognature;
4) acqua da fonti non controllate e ghiaccio preparato con acqua infetta;
5) contatto con persone con epatite A.

Acqua di mare e di fiume

L’acqua contaminata è, in genere, il veicolo attraverso il quale l’HAV raggiunge gli alimenti. Il virus rimane infettante per due settimane nell’acqua di mare e per un mese in quella di fiume.

In media il periodo di incubazione è di 20-30 giorni.

Le cellule epatiche rappresentano il bersaglio dell’HAV dopo che è stato assorbito dalla mucosa gastrointestinale.

Il danno sul fegato che ne segue sarebbe provocato dalla risposta immunitaria.

La diagnosi

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L’infezione va sospettata in presenza dei tipici sintomi (vedi scheda successiva), a maggior ragione se si scopre che la persona ha mangiato nelle settimane precedenti frutti di mare o altri cibi potenzialmente contaminati, ha fatto viaggi in Paesi esotici o ha avuto contatti con familiari con epatite A.

Per dirimere i dubbi vanno eseguiti alcuni esami del sangue. Un incremento delle transaminasi e della bilirubina (nelle forme con ittero), nonché la presenza di anticorpi IgM anti-HAV, confermano la presenza dell’infezione.

I sintomi

In alcuni casi, soprattutto nei bambini, l’epatite A non causa sintomi oppure procura solo fastidi molto leggeri come stanchezza, problemi digestivi e febbricola, per brevi periodi di tempo.

Negli adulti è più probabile che l’infezione si presenti con disturbi che si protraggono a lungo, talvolta anche per mesi.

I principali campanelli d’allarme sono: stanchezza; inappetenza; febbre; nausea e vomito; aumento del volume del fegato (epatomegalia); talvolta ittero, ovvero un colorito giallognolo della pelle, delle mucose e delle sclere (il bianco) degli occhi, causato da una elevata concentrazione della bilirubina nel sangue, che segnala una diminuita funzionalità del fegato; in alcuni casi aumento del volume della milza (splenomegalia) e ingrossamento dei linfonodi.

In rarissimi casi si può verificare un’epatite fulminante, nella quale il fegato può venire completamente distrutto, causando il decesso del paziente nel giro di pochi giorni, a meno che non si intervenga con un trapianto d’urgenza.

 

Le cure

Per favorire la guarigione sono consigliabili una dieta equilibrata e un relativo riposo durante la fase sintomatica.

È utile anche astenersi dall’assunzione di alcolici e sospendere tutti i farmaci non necessari. Per alleviare i sintomi si possono utilizzare, al bisogno, antiemetici (nausea e vomito), procinetici (favoriscono la peristalsi intestinale) o lassativi, a seconda dei casi.

Talvolta, in casi ben selezionati e sotto stretto controllo medico, può essere intrapresa una terapia con farmaci cortisonici.

Il vaccino

Nelle persone che hanno più probabilità di contrarre l’epatite, come per esempio giovani, viaggiatori in Paesi con alta diffusione del virus, e individui affetti da altre patologie in cui un’epatite A potrebbe compromettere seriamente la salute, è consigliabile l’esecuzione del vaccino, protettivo per almeno 10 anni. In chi è stato a contatto con soggetti che hanno contratto l’epatite A può essere indicata una terapia preventiva con gammaglobuline che contengono gli anticorpi contro il virus dell’epatite A.

Questo approccio è utile per un breve periodo di tempo (2 o 3 mesi) e vi si deve ricorrere entro 2 settimane dal momento in cui il soggetto è venuto a contatto con il virus. L’effetto delle gammaglobuline si esaurisce in genere in 3-6 mesi.

La prevenzione

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Per ridurre le possibilità di sviluppare un’epatite A è utile anche prendere alcuni accorgimenti: lavarsi spesso le mani; mangiare carne e pesce (in particolare i molluschi) cotti a sufficienza (il virus non sopravvive per esposizione a temperature superiori a 85°C per almeno un minuto); non condividere oggetti come spazzolini, posate, bicchieri e asciugamani; se ci si reca in Paesi a rischio è bene rispettare alcune semplici regole, come risciacquare in modo accurato la verdura e la frutta e sbucciare quest’ultima prima del consumo, bere solo acqua in bottiglia, evitare il ghiaccio.

Anche a Cesena

I casi di Padova vanno a sommarsi alle segnalazioni che vengono da Cesena. Nell’ultimo anno ci sono stati 14 casi in più rispetto in più rispetto all’anno scorso.

E a quello prima ancora. Si parla di due casi di contagio all’anno nel 2015 e altrettanti nel 2016, saliti a 16 nel 2017 fino a pochi giorni .

Fortunatamente l’infezione non è cronica e nel giro di qualche settimana viene superata. I sintomi sono: dolori addominali, febbre e tendenza alla colorazione giallastra degli occhi.

Nessuna cura specifica, ma naturalmente una dieta che non metta ulteriormente alla prova il fegato.

Il vaccino, da utilizzare ovviamente in via preventiva , esiste, ma viene consigliato solo se ci sono casi di contagio in famiglia.

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Non irrilevante è apparsa anche l’abitudine a modificare le fotografie. Chi lo fa più spesso, è il dato emerso dallo studio, vive anche a un livello di auto-oggettivazione più alto. Valorizza, cioè, la propria persona per l’aspetto e non per altre peculiarità. «Sappiamo che l’auto-oggettivazione porta a un rischio più alto di sviluppare la depressione e i disturbi alimentari, almeno nelle donne», ha commentato Fox.

Continuate a seguirci su SegretoDonna per gli aggiornamenti.    Epatite A contagio Italia Epatite A contagio Italia Epatite A contagio Italia Epatite A contagio Italia   Epatite A contagio Italia 

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Scritto da Aski Cocu

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