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Rivelazioni shock, Cina ha insabbiato ricerche sul Coronavirus. Parla virologa cinese

Ricerche Coronavirus insabbiate

A partire da febbraio la vita di tutti noi è stata cambiata dall’arrivo del Coronavirus che ha rivoluzionato le nostre vite e il nostro modo di vivere. Ad oggi non è ancora chiaro come il virus sia giunto a noia.Ricerche Coronavirus insabbiate

Molti studiosi, dal momento che tutto ha avuto inizio in Cina, hanno portato avanti l’ipotesi che il virus fosse nato proprio in Cina, in un laboratorio di Wuhan. Il Paese asiatico ha negato qualsiasi suo coinvolgimento nella diffusione del virus, ma adesso una ricercatrice cinese ha rotto il silenzio e ha rivelato in che modo il virus si è diffuso nel mondo:

Ricerche Coronavirus insabbiate

“Ho paura. Se ne avessi parlato in Cina, mi avrebbero imprigionato o forse peggio. Sono venuta qui per raccontare la verità su come il COVID-19 sia riuscito a espandersi nel mondo”.

Cina ha insabbiato ricerche Ricerche Coronavirus insabbiate

Intervistata da Fox News, la dottoressa Li-Meng Yan ha affermato di essere stata una delle prime persone a iniziare le ricerche sul Coronavirus. La richiesta è arrivata dal suo supervisore che le aveva chiesto di condurre un’indagine “segreta” su un nuovo virus “simile alla Sars”:

“Il 31 dicembre, dopo aver identificato un virus simile alla Sars a Wuhan, mi è stato chiesto di effettuare delle ricerche in segreto. Un mio amico che lavora al Cdc mi disse di aver individuato sintomi simili in altre persone, anche se il governo cinese aveva escluso la trasmissione tra esseri umani”.Ricerche Coronavirus insabbiate

Una ricerca talmente segreta che Yan aveva paura a parlarne con i colleghi e lo stesso supervisore le aveva intimato di essere prudente e di non rivelare nulla:

“Il contagio a Wuhan stava crescendo in fretta, così una volta terminate le ricerche ho fatto rapporto al mio capo dipartimento, il dottor Leo Poon. Lui mi ha chiesto di non dire nulla e di essere prudente.

Molti di loro sono virologi e sapevano a quale catastrofe stavamo andando incontro. Avevano il dovere di fare qualcosa”.

Ma Yan sentiva un grande peso dentro e non è riuscita a mantenere a lungo il silenzio. Infatti, dopo qualche giorno ha condiviso le sue ricerche con un blogger statunitense e le informazioni hanno preso a circolare senza sosta:

“Dopo sole quattro ore, è arrivata la prima risposta dal nostro governo: avevano cambiato il numero di casi da 60 a quasi 200. E hanno ammesso finalmente che il virus poteva essere trasmesso da uomo a uomo”.

La fuga dalla Cina

L’azione della ricercatrice l’ha però messa in pericolo nella sua Hong Kong, al punto da essere stata costretta a lasciare casa sua, trasferirsi negli USA e richiedere protezione:

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“Sapevo di essere in pericolo. Mio marito lavorava con me nel laboratorio. Quando gli ho chiesto di seguirmi, non ne ha voluto sapere. Era spaventato dalle ritorsioni del governo: diceva che ci avrebbero ucciso per colpa mia”. 

“Poche ore dopo la mia partenza, la polizia è piombata a casa mia. Hanno messo a soqquadro l’appartamento in cerca di prove, hanno interrogato la mia famiglia e hanno cancellato il mio account lavorativo”. 

Uno spiacevole episodio per la dottoressa Yan, ma che dimostra i tentativi della Cina di insabbiare le ricerche. Continuate a seguirci su SegretoDonna.

Scritto da Sophi Campailla

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